ESERCIZI PREPOSIZIONI SEMPLICI E ARTICOLATE
ESERCIZI A TEMA SULLE PREPOSIZIONI
IL VERBO AVERE DAL LATINO A OGGI
latino
italiano
IO HO
TU HAI
LUI/LEI HA
NOI ABBIAMO
VOI AVETE
LORO HANNO
DET ÄR NÅGON SOM HAR FRÅGAT MIG UNDER LEKTIONEN. VARFÖR BOKSTAVEN "H" FINNS I NÅGRA PERSONER MEN INTE I ALLA?
Bra fråga eller hur?
SVARET
In passato la h accompagnava – come nel latino – le nostre forme verbali, e anche le parole latine comincianti per h, una volta italianizzate, avevano conservato la stessa iniziale: si scriveva huomo (latino homo), honore (latino honor), hora (latino hora) – e così via – ma si leggeva come se fosse scritto uomo, onore e ora (cioè, senza h).
Per questo motivo, nel Quattrocento qualcuno si chiese: a che serve la h se non si pronuncia?
Si accese, così, una battaglia tra i fautori della h iniziale (Ariosto, per esempio) e gli avversari.
L’Accademia della Crusca propose, per conciliare, l’abolizione della h iniziale in tutte le parole, mantenendola soltanto nelle quattro forme del verbo avere per non confonderle con altre parole di identica grafia ma di significato diverso (ovocale/congiunzione; ai preposizione articolata; a vocale/preposizione semplice; anno sostantivo, l’arco di dodici mesi).
Nel ‘700, però, i dissidenti suggerirono che, per evitare questa confusione, sarebbe stato sufficiente accentare le forme del verbo: io ò, tu ài, egli à, essi ànno, ma la proposta non fu accettata da tutti, e la discussione proseguì, e prosegue, anche se, oggi, entrambe le forme ànno/hanno lo stesso diritto di cittadinanza.
A sentire Policarpo Petrocchi (Castello di Cireglio, montagna di Pistoia, 1852-1902) [1], “il verbo avere, in quattro voci, prende per distinzione l’h o l’accento. L’h è più usata; l’accento è più ragionevole. Se in composizione scrivo: mi riò, si rià, quantunque riavere sia naturalmente composto da avere, l’h non la metto, perché non ci sta bene, e l’accento mi torna meglio; l’h parrebbe che stesse lì in avere, o nei suoi composti, a segnare un’aspirazione”.
[1] LA GRAMMATICA ITALIANA, Piccola Biblioteca, volume 70, pagine 49-50, 1952, Longanesi & C, Milano.
DIVISIONE IN SILLABE
PAROLE OMOFONE
Esercizio:
Esercizio:
PRONOMI PERSONALI COMPLEMENTO DIRETTI E INDIRETTI
I pronomi personali, utilizzati per sostituire un nome (un oggetto o una persona), possono essere diretti o indiretti.
Pronomi diretti: mi, ti, ci, vi, lo, la, li, le
Svolgono la funzione di complemento oggetto.
Normalmente si trovano prima del verbo:Es. Li ho chiamati (loro)
Non la conosco (lei)
Se ci sono due verbi, oppure il verbo è al gerundio o all'imperativo, seguono il verbo:Es. Verrò a trovarti
Guardandola meglio, mi sembra di conoscerla.
Guardalo!
Possono unirsi anche all'avverbio "ecco":Es. Eccola!
Pronomi indiretti: mi - a me, ti - a te, ci - a noi, vi - a voi, gli - a lui/a loro, le - a lei
Svolgono la funzione di complemento di termine, si usano cioè quando il verbo è seguito da a.
ATTENZIONE: mi, ti, ci, vi sono uguali ai pronomi diretti!
Di solito precedono il verbo, tranne quando c'è un gerundio, un imperativo o un infinito:Es. Non vi ho telefonato
Con l'imperativo formano una sola parola:Es. Portami il libro!
Scrivigli!
Inseguilo!
Costruzione con FARE + INFINITO: precedono il verbo FARE oppure, in presenza di gerundio o infinito, possono seguirlo e formare una sola parola, o ancora, precedere il verbo principale:Es. Mi faccio portare un caffè
Spesso si usano con il verbo ANDARE con significato di "aver voglia di", "desiderare". In questo caso, il verbo si coniuga alla III persona singolare o plurale (va, vanno):Es. Ti va un caffè?
Non le va di uscire
Non ci va di andare in vacanza
Gli spaghetti non le vanno
Passato prossimo
DE HÄR VERBEN VILL HA "ESSERE" I PRESENS SOM HJÄLP VERB
esercizi in svedese
esercizi in italiano
VIDEO PÅ ENGELSKA OM PASSATO PROSSIMO ALLT
PASSATO REMOTO
REGOLE IN SVEDESE
VIDEO
CONGIUNTIVO
TEORIA IN SVEDESE caricare foto giá fatte
Scheda loescher
Spiegazione Treccani
VIDEO DEI CONGIUNTIVI SBAGLIATI NELLE CANZONI ITALIANE
COME NON SBAGLIARE - CONCORDANZA DEI VERBI
ARTICOLI
PRESENTAZIONE SAVINA ARTICOLI DETERMINATIVI
PRESENTAZIONE SAVINA ARTICOLI INDETERMINATIVI
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Premesso a verbi, può esprimere azione contraria (s-fiorire, s-gonfiare, s-legare; in s-piovere, invece, indica cessazione). Talora la formazione del nuovo verbo avviene non mediante la semplice applicazione, ma mediante una sostituzione di prefisso (alloggiare - sloggiare, apparecchiare - sparecchiare, imbrogliare - sbrogliare, ricordare - scordare, ecc.). Analogam., sign. opposto acquistano i sostantivi (s-fiducia, s-proporzione, s-ventura) e gli aggettivi (s-contento, s-conveniente, s-leale). 2. Negli aggettivi derivati da sostantivi il prefisso acquista valore privativo-peggiorativo (bocca - sboccato, costume - scostumato, faccenda - sfaccendato, grammatica - sgrammaticato); e lo stesso accade in alcuni verbi tratti da sostantivi (sbancare, da banco) o da altri verbi (parlare - sparlare, ragionare - sragionare). 3. Indica allontanamento, uscita, separazione, e sim., soprattutto in verbi derivati da sostantivi (sbucare, sconfinare, sfornare, spostare, svaligiare, svelare, ecc.), più raramente in derivati da altri verbi (s-fuggire). 4. Proprio dei composti denominali è anche il valore privativo (scolpare «liberare da colpa», svigorire «privare del vigore», e così sfamare, sfondare, ecc.), anche per significare detrazione (sbucciare, schiodare, slacciare, smascherare, spolpare, spolverare, rispettivam. «levare la buccia, i chiodi, i lacci, ecc.»); talora con valore intr., come in scolorire «perdere il colore». Privativo è inoltre il prefisso in alcuni verbi derivati da aggettivi (sgrossare, svecchiare, da grosso, vecchio, ecc.). 5. Ha funzione genericamente derivativa, con accezioni varie, in un altro gruppo di verbi, derivati da verbi (cadere - scadere), o più spesso da sostantivi (bocca - sboccare, braccio - sbracciarsi, foce - sfociare, gocciola - sgocciolare) o da aggettivi (bianco - sbiancarsi, doppio - sdoppiare, largo - slargare; in questi ultimi esempî il valore del prefisso si può definire causativo o fattitivo). 6. Conferisce valore intensivo, rispetto al verbo originario, a una serie di verbi: s-beffeggiare, s-cacciare, s-cambiare, s-graffiare, s-gualcire, s-trascinare, ecc.; già in latino il prefisso aveva questa funzione (si osservi la quasi equivalenza di siccare e exsiccare, di vincire e evincire), acquistata per un indebolimento del significato perfettivo o esaustivo che ha, per es., in exhaurire, efficere e sim. 7. In pochi casi s- rappresenta la riduzione del prefisso dis-: così, per es., in scendereda discendere, sfidare da disfidare, ecc.
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S- PREFISSO da treccani.it
Premesso a verbi, può esprimere azione contraria (s-fiorire, s-gonfiare, s-legare; in s-piovere, invece, indica cessazione). Talora la formazione del nuovo verbo avviene non mediante la semplice applicazione, ma mediante una sostituzione di prefisso (alloggiare - sloggiare, apparecchiare - sparecchiare, imbrogliare - sbrogliare, ricordare - scordare, ecc.). Analogam., sign. opposto acquistano i sostantivi (s-fiducia, s-proporzione, s-ventura) e gli aggettivi (s-contento, s-conveniente, s-leale). 2. Negli aggettivi derivati da sostantivi il prefisso acquista valore privativo-peggiorativo (bocca - sboccato, costume - scostumato, faccenda - sfaccendato, grammatica - sgrammaticato); e lo stesso accade in alcuni verbi tratti da sostantivi (sbancare, da banco) o da altri verbi (parlare - sparlare, ragionare - sragionare). 3. Indica allontanamento, uscita, separazione, e sim., soprattutto in verbi derivati da sostantivi (sbucare, sconfinare, sfornare, spostare, svaligiare, svelare, ecc.), più raramente in derivati da altri verbi (s-fuggire). 4. Proprio dei composti denominali è anche il valore privativo (scolpare «liberare da colpa», svigorire «privare del vigore», e così sfamare, sfondare, ecc.), anche per significare detrazione (sbucciare, schiodare, slacciare, smascherare, spolpare, spolverare, rispettivam. «levare la buccia, i chiodi, i lacci, ecc.»); talora con valore intr., come in scolorire «perdere il colore». Privativo è inoltre il prefisso in alcuni verbi derivati da aggettivi (sgrossare, svecchiare, da grosso, vecchio, ecc.). 5. Ha funzione genericamente derivativa, con accezioni varie, in un altro gruppo di verbi, derivati da verbi (cadere - scadere), o più spesso da sostantivi (bocca - sboccare, braccio - sbracciarsi, foce - sfociare, gocciola - sgocciolare) o da aggettivi (bianco - sbiancarsi, doppio - sdoppiare, largo - slargare; in questi ultimi esempî il valore del prefisso si può definire causativo o fattitivo). 6. Conferisce valore intensivo, rispetto al verbo originario, a una serie di verbi: s-beffeggiare, s-cacciare, s-cambiare, s-graffiare, s-gualcire, s-trascinare, ecc.; già in latino il prefisso aveva questa funzione (si osservi la quasi equivalenza di siccare e exsiccare, di vincire e evincire), acquistata per un indebolimento del significato perfettivo o esaustivo che ha, per es., in exhaurire, efficere e sim. 7. In pochi casi s- rappresenta la riduzione del prefisso dis-: così, per es., in scendereda discendere, sfidare da disfidare, ecc.
FORTUNA-SFORTUNA
parole con sce, sci, scia, scio, sciu
1.Il gu..............di noce è duro da rompere.
2.La zia ha infornato un co...............tto di
pro..........tto.
3.Quando ho le borse della spesa, prendo
l'a................nsore.
4.La co.................., la ma..............lla,
l'a................lla sono parti del corpo.
5.Una bi........................
stri..............................nell'erba.
6.Il cavallo nitri..................., l'elefante
barri..........................
7.Mio fratello ha preparato la pasta....................tta
con la be.....................mella e i funghi.
8.Sul va.....................llo i marinai issavano le vele,
dopo aver controllato le …............luppe.
9.Il re ha lo …..........ttro e la …...............bola.
10.Intorno a quei ramo..........lli vola uno …............me
di mo..............rini.
11.Quando c'è ….................pero, le lezioni non sono
garantite.
12.Il mare.................llo dei carabinieri scorta
l'amba....................tore.
13.L'a.................... e la …............bola sono
oggetti taglienti.
14.La bambina indossa lo..................lle e la
…..................rpa.
15.Ho …..............lto il nodo e ho
sfa..................to il regalo.
16.Il ru............llo …................nde a valle.
17.Quando vai a Bre...................., mi
spedi.................... una cartolina, per favore?
18.Ho rove..................to l'acqua per terra, ora devo
a........................gare il pavimento.
19.Ho ….............lto la maglia a stri............
20.Il pelo del gatto è li.................. e morbido.
21.Prova a dire questo ….............glilingua:
"la................ l'ascia liscia sull'u....................".
22.L'onda si infrange sul bagna.....................ga.
23.L'entrata è anche l'u...............ta.
24.E' affa...................nante vedere un
camo................... arrampicarsi sulle rocce.
La punteggiatura
Imparare a scrivere è sicuramente difficile. Tra le diverse
abilità linguistiche (cioè parlare,
leggere, comprendere e scrivere) lo scrivere è sicuramente la più complessa,
anche perché come ricorda un vecchio proverbio latino, lo scritto rimane! Nella
società di oggi si scrive sempre meno e si parla sempre di più al telefonino.
E’ una società frenetica (cioè veloce) dove si mandano messaggi (sms) o e-mail
e la forma, la punteggiatura non sono sempre corrette.
Nello scrivere, ci sono delle regole che devono essere
rispettate, altrimenti si possono commettere (cioè fare) degli errori. Oggi
parlerò di un aspetto della scrittura: la punteggiatura, cioè dei segni che si
usano per creare pause, separare, evidenziare le frasi.
Inizia ora a
conoscere i segni ortografici e d’interruzione della lingua italiana:
La virgola (,) si usa:
- per esprimere una pausa breve e per dividere le frasi di
un periodo, per esempio: Luca corre sempre da solo, si allena per un’ora.
- per separare parole
o gruppi di parole all’interno di una frase, per esempio: Mangio mele, pere,
banane, prugne.
- dopo un vocativo,
per esempio: San Francesco, ascolta la mia preghiera.
- dopo un inciso (cioè, una frase che si inserisce e resta
indipendente), per esempio: Oggi, essendo il tempo brutto, rimango a casa.
- dopo una apposizione (cioè un sostantivo che si aggiunge
ad un altro per spiegarlo meglio), per esempio:
Giulio Cesare, re di Roma, è stato assassinato.
La virgola non si mette mai:
- tra soggetto e verbo, per esempio: Massimo legge un libro.
- tra verbo e complemento oggetto, per esempio: Io bevo il
vino.
- tra un nome e il
suo aggettivo, per esempio: Ho mangiato una buona pizza.
I due punti (:) si usano:
- per riferire un
discorso diretto, per esempio: Franco ha risposto: “Ora, preferisco leggere un libro”.
- per introdurre un
elenco, per esempio: Sono arrivati: Marco, Caterina, Riccardo.
- per introdurre una spiegazione, per esempio: Il risultato
di tutto ciò è: E=mc2
Il punto e virgola (;) si usa:
- per una pausa
maggiore della virgola e una minore del punto, per esempio: Bevo sempre molta
acqua; sento che mi fa bene.
Il punto (.) Indica una pausa, si mette alla fine di un
periodo. Dopo il punto ci vuole la lettera maiuscola. Se dopo il punto si
cambia argomento, si va a capo (cioè si inizia la frase in un’altra riga). Il
punto si può usare anche nelle sigle (N.A.T.O.) e nelle abbreviazioni (Prof.)
Il punto esclamativo
(!) si usa per evidenziare meraviglia, o una certa emozione, per esempio: Che
bella sorpresa!
Il punto
interrogativo (?) si utilizza alla fine di una domanda diretta, per esempio:
Che ore sono?
I puntini di sospensione (…) lasciano qualcosa in sospeso,
qualcosa che non si può o non si vuole dire. I puntini di sospensione sono tre,
per esempio: Domani ci vediamo, vedrai …
Le lineette (- -) isolano una frase o in alcuni casi
sostituiscono le virgolette nel discorso diretto, per esempio: Non voglio
mangiare – ha detto Luca - e poi è andato via.
Le virgolette alte (“ ”)
o basse (< > )
- aprono e concludono
un discorso quando è in forma diretta, per esempio: Antonio dice: “quando sto
male, preferisco digiunare”.
- si usano anche per
riportare citazioni: < Nella rinuncia di ciò che abbiamo, otteniamo l’unica
cosa che ci appartiene: noi stessi>, Franz Grillparzer
- per indicare
titoli, per esempio: Manzoni ha scritto “I promessi sposi”.
Il trattino (-) si usa per indicare la divisione sillabica
quando si va a capo (cioè si cambia riga senza aver finito di scrivere la
parola) o si usa per unire due elementi di una parola composta, per esempio:
L’alleanza italo – tedesca.
Le parentesi tonde (
) si utilizzano per racchiudere un inciso, una spiegazione, un’ osservazione o
frase che interrompono in una certa maniera il discorso ma aggiungono
informazioni alla frase, per esempio: Mi piace mangiare (mai da solo) nei
ristoranti economici.
eserciozio livello
A2
Esercizio: scegli la frase con la punteggiatura corretta
La frase corretta diventerà verde.
1.
Domani, vado al mare con mia sorella.
Domani vado al mare con, mia sorella
2.
Io mangio, la mela.
Io mangio la mela.
3.
Marcello ha detto: ”Io amo la lettura più di tutto”.
Marcello ha detto io amo leggere più di tutto
4.
Il proverbio dice: “Una mela al giorno toglie il medico di
torno”
“il proverbio dice una mela al giorno toglie il medico di
torno”
5.
A che ora vieni.
A che ora vieni?
6.
Io non vengo e basta tu fai quello che credi.
Io non vengo e basta! Tu fai quello che credi.
7.
Noi lavoriamo all’O.N.U.
Noi lavoriamo all’O-N-U
8.
Pirandello ha scritto il romanzo “I vecchi e giovani”
“Pirandello” ha scritto il romanzo I vecchi e giovani
9.
La parola bra – vo è composta da due sillabe.
La parola bravo è composta da una sillaba
10.
Dopo avere mangiato mi sono sdraiato
Dopo avere mangiato, mi sono sdraiato.
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